martedì 20 aprile 2010

IL TEATRO NEL 500 E LA COMMEDIA DELL'ARTE

IL TEATRO NEL 500 E LA COMMEDIA DELL'ARTE

Il teatro del 500 o rinascimentale è l'insieme dei generi drammaturgici e delle diverse forme di rappresentazione teatrale scritti e praticati in Europa tra la fine del medioevo e l'inizio dell'età moderna

In questo periodo si assiste ad un fenomeno di rinascita del teatro, preparata dalla lunga tradizione teatrale medioevale che si era manifestata nelle corti, nelle piazze e nelle università in molteplici forme, dalla sacra rappresentazione fino alle commedie colte quattrocentesche.


Il teatro rinascimentale in Italia

Il Rinascimento fu l'età dell'oro della commedia italiana, anche grazie al recupero e alla traduzione nelle diverse lingue volgari, da parte degli umanisti di numerosi testi classici greci e latini (sia testi teatrali che opere teoriche come la Poetica di Aristotele, tradotta per la prima volta in italiano nel 1549).

I generi sviluppati e proposti furono la commedia, la tragedia, il dramma pastorale e, soltanto in seguito il melodramma, i quali ebbero una notevole influenza sul teatro europeo del secolo

La commedia


Uno dei commediografi più rappresentativi del teatro rinascimentale è stato Niccolò Machiavelli; il segretario fiorentino aveva scritto una delle commedie più importanti di questo periodo, La Mandragola (1518), caratterizzata da una carica espressiva e da una linfa inventiva difficilmente eguagliate in seguito, ispirata da riferimenti satirici alla realtà quotidiana dei personaggi e non più necessariamente legati ai tipi della tradizione classica.

Il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena scrisse un'unica ma interessante commedia esemplare del gusto del periodo: La Calandria (1513), la prima in assoluto scritta in italiano che non derivasse da un precedente testo greco o latino. Fra i molti che si cimentarono in composizioni di testi teatrali si possono citare Donato Giannotti, Annibal Caro e il nobile senese Alessandro Piccolomini.

Fra i primi commediografi molti erano fiorentini come Anton Francesco Grazzini detto Il Lasca, Giovan Battista Cini, Giovan Battista Gelli, Giovan Maria Cecchi e Raffaello Borghini.

Un posto particolare occupano Pietro Aretino, Ludovico Ariosto e Ruzante, che furono tutti intellettuali al servizio delle corti. Per quella estense di Ferrara, Ariosto, oltre Orlando furioso, scriverà delle divertenti commedie come La Cassaria (1508) e La Lena (1528).

Nella Roma di Leone X imperverserà Pietro Aretino con le sue pasquinate ma anche con commedie come La Cortigiana (1525), nella quale trasgredirà molte convenzioni linguistiche e sceniche.
A Roma il teatro venne riscoperto e, per la prima volta, avallato dai papi, che intuiscono la possibilità di strumentalizzarlo a fini politici.

Un caso a parte è rappresentato dalla figura e l'opera di Angelo Beolco detto il Ruzante dal nome del contadino padovano protagonista delle sue opere. La particolarità del teatro di Ruzante, anticipata di qualche anno dall'opera di Andrea Calmo, era quella di introdurre nel teatro italiano, che sino ad allora aveva usato il volgare fiorentino, l'uso del dialetto. Ruzante lavorava alla corte padovana di Alvise Cornaro il quale fece costruire un'apposita scenografia nella sua villa di Padova che fu detta la Loggia del Falconetto dal nome dell'architetto che la ideò, spazio atto alla rappresentazione delle commedie ruzantiane come la Betìa (1525) e l'Anconitana (1535) per citare le più famose fra le commedie di Beolco.
Il teatro in dialetto cominciò a svilupparsi in questo periodo con la Commedia dell'Arte, le sue maschere, come il bergamasco Arlecchino (che poi assumerà come lingua il veneziano) e il napoletano Pulcinella, le sue invenzioni mimiche e gestuali.

La commedia cinquecentesca subì una svolta nel 1582, quando a Parigi venne pubblicato Il Candelaio, di Giordano Bruno ricco di caratteristiche anomale e trasgressive.

La Tragedia e il Dramma pastorale
Anche il teatro tragico trovò un suo spazio; il conte Gian Giorgio Trissino e Torquato Tasso composero tragedie di carattere epico-pastorale, genere a metà strada fra la tragedia e la commedia.La tragedia più rappresentativa di questo periodo, di sapore molto arcadico, fu Il pastor fido (1590) di Giovan Battista Guarini. Anche l' Aminta (1573) di Torquato Tasso è considerato un capolavoro per la sua notevole influenza sulla drammaturgia europea e sul melodramma seicentesco.Un altro frequentatore della teagedia del rinascimento fu Giovanni Rucellai che scrisse le due tragedie: Rosmunda e Oreste.

Questi testi teatrali venivano rappresentate da giovani dilettanti, come le Compagnie della calza dei nobili veneziani, l'Accademia dei Rozzi di Siena o le Confraternite fiorentine: la professionalità dell'attore non era riconosciuta, sebbene la professione esistesse e sviluppò, nel tempo, progressi notevoli dal punto di vista dell'arte drammatica e dell'interpretazione del testo, nonché dell'allestimento scenico, spesse volte a carico delle compagnie girovaghe.

I nuovi spazi recitativi

Con la ripresa del teatro si cominciarono a costruire anche degli spazi atti a contenere scenografie, alle volte anche molto complesse: in questo periodo vennero costruiti nuovi teatri, a cominciare dalla Loggia del Falconetto di Padova già citata, ma l'esempio più eclatante è il Teatro Olimpico di Andrea Palladio che si trova a Vicenza dove ancora oggi viene conservata la scenografia originale cinquecentesca di Vincenzo Scamozzi dell'Edipo re di Sofocle, opera con la quale fu inaugurato il teatro nel 1585.

A Roma il Foro e Castel Sant'Angelo divennero luoghi deputati per le rappresentazioni, solitamente effettuate durante le feste e le celebrazioni.

La riscoperta e valorizzazione degli antichi classici da parte degli umanisti permise lo studio delle opere concernenti il teatro non solo dal punto di vista drammaturgico (nel 1425 Nicolò di Cusa scoprì, ad esempio, nove commedie plautine) ma anche dal punto di vista architettonico: architetti e trattatisti cercarono ispirazione in Vitruvio negli aspetti teatrali del suo trattato sull'architettura romana e adattarono al teatro del Cinquecento i modelli delle scenografie: comica, tragica e pastorale, tripartizione che fu rispettata nelle opere del teatro del Rinascimento.


Commedia dell'arte

La commedia dell'arte è nata in Italia nel XVI secolo e rimasta popolare sino al XVIII secolo. Non si trattava di un genere di rappresentazione teatrale, bensì di una diversa modalità di produzione degli spettacoli. Le rappresentazioni non erano basate su testi scritti ma dei canovacci detti anche scenari, i primi tempi erano tenute all'aperto con una scenografia fatta di pochi oggetti. Le compagnie erano composte da dieci persone: otto uomini e due donne. All'estero era conosciuta come "Commedia italiana".
La definizione di "arte", che significava "mestiere", veniva identificata anche con altri nomi: commedia all'improvviso, commedia a braccio o commedia degli Zanni.

Origine

La prima volta che s'incontra la definizione di commedia dell'arte è nel 1750 nella commedia Il teatro comico di Carlo Goldoni. L'autore veneziano parla di quegli attori che recitano "le commedie dell'arte" usando delle maschere e improvvisano le loro parti, riferendosi al coinvolgimento di attori professionisti (per la prima volta nel Teatro Occidentale abbiamo compagnie di attori professionisti, non più dunque dilettanti), ed usa la parola "arte" nell'accezione di professione, mestiere, ovvero l'insieme di quanti esercitano tale professione. Commedia dell'arte dunque come "commedia della professione" o "dei professionisti". In effetti in italiano il termine "arte" aveva due significati: quello di opera dell'ingegno ma anche quello di mestiere, lavoro, professione (le Corporazioni delle arti e mestieri).
Il trapasso dalla commedia rinascimentale, umanistica ed erudita recitata da attori dilettanti a quella dell'arte avviene tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo grazie ad una serie di contingenze fortunate che si susseguono intorno a quegli anni.

La prima è la nascita dei teatri privati, specialmente a Venezia dove le famiglie nobili iniziano una politica di diffusione, all'interno della città, di nuovi spazi spettacolari dedicati alla recitazione di commedie e melodrammi a pagamento.

La nascita dei teatri dette nuovo impulso all'arte dell'attore che da giocoliere di strada, saltatore di corda o buffone di corte che fosse cominciò a esibirsi in trame più complesse; per questo alcuni attori di strada cominciarono a strutturarsi in compagnie girovaghe: le "Fraternal Compagnie" dell'inizio si trasformarono in vere e proprie compagnie che partecipavano ai proventi di questa nuova industria.

La recitazione assunse una nuova struttura e i testi da recitare si limitavano ad un canovaccio, dove veniva data una narrazione di massima indicativa di ciò che sarebbe successo sul palco. Su questo tratto dell'improvvisazione gli storici del teatro si sono spesso divisi: non per tutti l'improvvisazione era il tratto distintivo delle commedie degli Zanni, ma su questo era stata creata una mitologia dell'attore "puro" e completamente padrone dei suoi mezzi, tanto da non aver nessun bisogno di parti recitate.

Dalla strada provengono le forme embrionali dei soggetti comici, i cosiddetti duetti fra Magnifico e Zanni.Questi soggetti erano mutuati dalla grande produzione popolare.I contrasti comici facevano parte della tradizione giullaresca ed erano diffusi sia nelle piazze e nelle fiere che nei palazzi nobili e le corti sin dal '400.
Il passaggio dalla piazza al teatro avviene non senza l'influenza di certe commedie erudite del primo Cinquecento come quelle di Machiavelli e Ruzante.

Ancora nobili dilettanti furono gli autori e gli attori della Commedia ridicolosa, la versione cortigiana della commedia dell'arte che sostituì, in parte, quest'ultima dopo la partenza dei maggiori attori italiani verso nuovi lidi come Parigi, Vienna, la penisola iberica e la Moscovia mettendo in scena le maschere della commedia improvvisa.

La struttura

In Italia, questo tipo di spettacolo sostituì tout court la commedia erudita del quattro-cinquecento, ma non soltanto questa: anche molte tragedie e pastorali, infatti, furono invase dalla presenza delle maschere.
Arlecchino e gli altri zanni si trasformavano, in queste occasioni, in servi del tiranno o pastori arcadici, portando sempre e comunque il loro spirito irriverente di buffoni di corte o quello dei poveri diavoli come già avevano fatto i giocolieri nelle sacre rappresentazioni medievali.
Goldoni riporta spesso nelle sue memorie alcuni lazzi, che nel Settecento ormai si erano consolidati.

Goldoni, di fronte a questi inserimenti comici, inorridisce e li riporta nelle sue memorie soltanto per dimostrare la decadenza del teatro italiano all'inizio della sua carriera (intorno al 1730) e sostenendo la necessità di una riforma che sostituisca la vecchia struttura del teatro mascherato con un nuovo teatro più vicino al naturale e con personaggi senza maschere.

Nonostante l'impegno teorico di Goldoni, la commedia dell'arte è ancora ben viva nel cuore degli spettatori suoi contemporanei tanto in Italia, dov'era nata, che nelle principali corti europee dov'era diffusa con nome di commedia italiana e rappresentava, insieme al melodramma, la fortuna dell'arte dello spettacolo italiano.
Nel 1750 Goldoni scrisse e fece rappresentare Il teatro comico, la sua commedia-manifesto, che metteva a confronto le due tipologie di teatro, quello dell'arte e la sua commedia “riformata”, cercando di far accettare sia alle compagnie che agli spettatori la novità di una commedia naturalistica che reggesse il passo con le novità del resto d'Europa come Shakespeare, che nel '700 cominciò ad essere esportato anche fuori dall'Inghilterra grazie alla bravura di uno dei suoi più eccellenti interpreti di tutti i tempi: David Garrick, o le ultime commedie di Molière che, pur figlie spurie della commedia italiana, cominciavano un cammino d'identità propria che si sviluppò sino a Beaumarchais e alla commedia “rivoluzionaria” di Diderot. Ciò non toglie che ambedue gli autori, sia Molière che Shakespeare, abbiano sentito forte l'influsso dei commedianti italiani.
Molière, in particolare, è stato allievo di Tiberio Fiorilli in arte Scaramuccia, poi diventato Scaramouche; e alcuni personaggi shakespeariani sono zanni “all'italiana” dei quali usano gli stessi lazzi e battute.
Non si sa se Shakespeare vide mai una commedia dell'arte ma ne subì comunque il fascino, dato che il suo amico-avversario Ben Jonson, altro grande autore del teatro elisabettiano, mise in scena Il Volpone la migliore versione inglese del teatro dell'arte all'italiana.

Il canovaccio

I testi che ci sono giunti in forma di canovacci sono numerosi e coprono l'arco di due secoli, da quelli di Flaminio Scala del Teatro delle favole rappresentative, pubblicato nel 1611 all'ultima opera teatrale scritta e pubblicata"L'Amore delle tre melarance di Carlo Gozzi" del 1761. Il Gozzi fu acerrimo nemico della riforma di Goldoni e sostenitore della Commedia dell'Arte secentesca ma lasciò L'Amore delle tre melarance stampato sotto forma di canovaccio, un evidente omaggio agi attori-drammaturghi dell'Età dell'oro della Commedia dell'Arte che lo avevano preceduto.

Spazi teatrali e recitazione
Le scenografie erano molto semplici, con una piazza al centro del palcoscenico e due quinte praticabili sullo stile di quelle delle prime commedie del '500: alla metà del secolo vennero costruiti dei veri e propri spazi teatrali dedicati a questo genere teatrale.
Sorsero dunque, nelle principali città italiane, i Teatri degli Zanni dei quali sono rimasti alcuni esempi non più funzionanti come il Teatrino della Baldracca a Firenze, il Teatro di Porta Tosa a Milano e l'ancora funzionante San Carlino a Napoli.
A Parigi, che ospitò i comici dell'arte fin dal primo '600, le compagnie si esibivano all'Hotel de Bourgogne e in seguito nei Teatri della Foire.


Le maschere

L'artigianato della maschera da commedia riprende vita nel '900 a ridosso dell'esperienza strehleriana. Amleto Sartori, scultore, re-inventa la tecnica di costruzione della maschera in cuoio su stampo di legno. La maschera, che insieme al costume caratterizza fortemente lo stile di recitazione, viene spesso ad essere sinonimo stesso di personaggio. Le 'maschere' più celebri della commedia dell'arte sono:


Arlecchino


Brighella


Colombina


Balanzone


Pulcinella


Pantalone


Giangurgolo

Meneghino

Scaramuccia

Truffaldino

Rosaura

Beltrame