
IL FUTURISMO
Il Futurismo è stata una corrente artistica italiana del XX secolo. Nello stesso periodo, movimenti artistici influenzati dal Futurismo si svilupparono in altri Paesi.
I futuristi esplorarono ogni forma espressiva, dalla pittura alla scultura, dalla letteratura (poesia e teatro), senza tuttavia trascurare la musica, l'architettura, la danza, la fotografia, il nascente cinema e persino la gastronomia.
Anche se si possono osservare segnali di un'imminente rivoluzione artistica nei primissimi anni del secolo - interessanti le analogie che intercorrono fra le dichiarazioni futuristiche dei Manifesti musicali di Francesco Balilla Pratella, Luigi Russolo e Silvio Mix ed il saggio Entwurf einer neuen Ästhetik der Tonkunst (Abbozzo di una nuova estetica della musica, 1907) del compositore italiano, naturalizzato tedesco, Ferruccio Busoni - la denominazione ufficiale del movimento si deve all'iniziatore del medesimo, il poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti. Marinetti ne espose i principi-base nel Manifesto del Futurismo (1909), pubblicato inizialmente in vari giornali italiani, la Gazzetta dell'Emilia di Bologna, la Gazzetta di Mantova, L'Arena di Verona e poi sul quotidiano francese Le Figaro il 20 febbraio 1909.
Il Futurismo si colloca sull'onda della rivoluzione tecnologica dei primi anni del '900 (la Belle époque), esaltandone la fiducia illimitata nel progresso e decretando a chiare lettere la fine delle vecchie ideologie (bollate con l'etichetta di "passatismo"). Marinetti, per esempio, esalta il dinamismo, la velocità, l'industria e la guerra intesa come "igiene dei popoli", scorgendo nel Parsifal wagneriano (che proprio in quegli anni cominciava ad essere rappresentato nei teatri d'Europa, dopo la fine del privilegio di rappresentazione detenuto dal teatro di Bayreuth) il simbolo artistico del "passatismo", dell'arte decadente e pedante
Il Futurismo nasce in un periodo (inizio Novecento) di grande fase evolutiva dove tutto il mondo dell'arte e della cultura era stimolato da moltissimi fattori determinanti: le guerre, la trasformazione sociale dei popoli, i grandi cambiamenti politici, e le nuove scoperte tecnologiche e di comunicazione come il telegrafo senza fili, la radio, aeroplani e le prime cineprese; tutti fattori che arrivarono a cambiare completamente la percezione delle distanze e del tempo, "avvicinando" fra loro i continenti. Il XX secolo era quindi invaso da un nuovo vento, che portava all'interno dell'essere umano una nuova realtà: la velocità. Le catene di montaggio abbattevano i tempi di produzione, le automobili aumentavano ogni giorno, le strade iniziarono a riempirsi di luce artificiale, si avvertiva questa nuova sensazione di futuro e velocità sia nel tempo impiegato per produrre o arrivare ad una destinazione, sia nei nuovi spazi che potevano essere percorsi, sia nelle nuove possibilità di comunicazione.
Il primo Futurismo
Il Manifesto di fondazione del movimento futurista fu pubblicato dal poeta ed editore Filippo Tommaso Marinetti per la prima volta il 5 febbraio 1909 nelle Cronache letterarie del quotidiano bolognese La gazzetta dell'Emilia, quindi l'8 febbraio nelle pagine della Gazzetta di Mantova e il 9 febbraio ne L'Arena di Verona.
Il Manifesto futurista fu poi nuovamente pubblicato due settimane dopo, il 20 febbraio 1909, sul parigino Le Figaro, conseguendo così una prestigiosa ribalta internazionale. È comunque doveroso sottolineare che è ormai accertato storicamente che la prestigiosa pubblicazione sul Le Figaro fu merito dei buoni uffizi del maggior azionista del giornale, il miliardario egiziano Mohamed el Rachi che ne ordinò la pubblicazione al direttore Gaston Calmet. L'iniziativa del miliardario era spinta da una storia di amore (finta ed interessata) di Marinetti per Rose Fatine, unica e viziata figlia del miliardario.
Questo manifesto era destinato ad essere il primo di una serie di tanti altri che anticipano e percorrono lungo tutta la strada il pensiero futurista sia nel campo della letteratura, che nelle altre arti.
Anche a Milano i pittori divisionisti Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini e Luigi Russolo, firmano il Manifesto tecnico della pittura futurista, che ne stabilisce le regole: abolizione nell'immagine della prospettiva tradizionale (già precedentemente abolita da Picasso), a favore di una visione simultanea per esprimere il dinamismo degli oggetti. Successivamente nel 1910 gli artisti Boccioni, Carrà e Russolo, espongono a Milano le prime opere futuriste alla "Mostra d'arte libera" nella fabbrica Ricordi.
Alla morte di Umberto Boccioni nel 1916, Carrà e Severini si ritrovano in una fase di evoluzione verso la Pittura Cubista, di conseguenza il gruppo milanese si scioglie spostando la città del movimento da Milano a Roma con la conseguente nascita del Secondo Futurismo.
Il Secondo Futurismo
Il secondo Futurismo è sostanzialmente diviso in due fasi, la prima va dal 1918, due anni dopo la morte di Umberto Boccioni, al 1928 ed è caratterizzata da un forte legame con la cultura postcubista e costruttivista, la seconda invece va dal 1929 al 1938 ed è molto più legata alle idee del surrealismo. Di questa corrente, che si conclude attraverso il cosiddetto Terzo Futurismo, portando anche all'epilogo del Futurismo stesso, fanno parte molti pittori fra cui Fillia (Luigi Colombo), Enrico Prampolini, Nicolay Diulgheroff, ma anche Mario Sironi, Ardengo Soffici e Ottone Rosai.
Se la prima fase del Futurismo fu caratterizzata da una ideologia guerrafondaia e fanatica (in pieno contrasto con altre Avanguardie) ma spesso anche anarchica, la seconda stagione ebbe un effettivo legame con il regime fascista, nel senso che abbracciò gli stilemi della comunicazione governativa dell’epoca e si valse di speciali favori.
I futuristi di sinistra, generalmente meno noti nel panorama culturale italiano dell'epoca, comunque, costituirono quella parte del futurismo collocata politicamente su posizioni vicine all'anarchismo e al bolscevismo anche quando il movimento con i suoi fondatori e personaggi ritenuti principali fu fagocitato dal fascismo.
Anche se la gerarchia fascista riservò ai futuristi coevi una sottovalutazione talvolta sprezzante, l'osservazione dei principi autoritaristici e la poetica interventista del Futurismo furono quasi sempre presenti negli artisti del gruppo, fino a che alcuni di questi non abbracciarono altri movimenti e presero le distanze dall'ideologia fascista (Carlo Carrà, ad esempio, abbracciò la metafisica).
Teatro
I futuristi perseguono la rifondazione del concetto stesso di comunicazione teatrale. Essi focalizzano la loro attenzione sulla relazione essenziale che si sviluppa fra testo, attori e pubblico, per recuperare non soltanto i valori di ogni singola componente, bensì anche il senso globale dall'interrelazione fra gli elementi.
Il teatro futurista promuoveva anche la commedia e la farsa, anziché la tragedia o il dramma borghese. Tuttavia, nelle serate futuriste non era inusuale vedere il pubblico adirato a causa di spettacoli fatti di azioni deliranti. Le cronache dell'epoca riportano notizie relative agli attori futuristi che sfuggono all'ira degli spettatori, spesso provocata ad arte secondo gli intenti espressi nel Manifesto futurista del teatro di varietà.
Cinema
Nel 1916 venne pubblicato il Manifesto della Cinematografia futurista, firmato da Marinetti, Corra, Ginna, Balla, Chiti e Settimelli, che sosteneva come il cinema fosse "per natura" arte futurista, grazie alla mancanza di un passato e di tradizioni. Essi non apprezzavano il cinema narrativo "passatissimo", cercando invece un cinema fatto di "viaggi, cacce e guerre", all'insegna di uno spettacolo "antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero". Nelle loro parole c'è tutto un entusiasmo verso la ricerca di un linguaggio nuovo slegato dalla bellezza tradizionale, che era percepita come un retaggio vecchio e soffocante.
FRANCESCO CANGIULLO
Francesco Cangiullo (Napoli, 1884 - Livorno, 1977) poeta parolibero, scrittore e pittore italiano.
Nell'ambito dell'esperienza della visualizzazione delle parole in libertà futuriste, quella di Francesco Cangiullo, nella seconda metà degli anni dieci e all'inizio dei venti, fra le pagine di Lacerba e quelle di «Vela latina» e de «L'ltalia futurista», e fra «Piedigrotta», del 1916 (ma che data settembre-ottobre 1913), «Caffè-concerto». «Alfabeto a sorpresa», del 1918 (ma che data nel manoscritto 15 gennaio 1915) e «Poesia pentagrammata», del 1923, è una delle più dense d'inventività, nell'indicazione molteplice di soluzioni immaginative di prevalente denominatore grafico, anche ove il composto della scrittura risulti comunque determinante.
E sempre sotto il segno di una sollecitazione ludica che lo imparenta con Balla, con il quale si produce nelle azioni futuriste alla Galleria di Giuseppe Sprovieri, a Roma e a Napoli nel 1914. E del resto, come Balla stesso - con il quale collabora proprio anche sul terreno "paroliberista" nel famoso «Palpavoce» del 1914 - Cangiullo ha realizzato anche vere e proprie «tavole parolibere» pittoriche, sul motivo delle «lettere umanizzate». Altrimenti sulla pagina stampata si muove dalla più ricca reinvenzione, in funzione di pirotecnica narrativa, dell'elemento tipografico, con prelievi anche di mentalità a collage da scritte pubblicitarie (sostanzialmente popolari, in accezione ambientale e antropologica precisa) come in «Piedigrotta» alla deformazione fantastica della scrittura ridotta in immagine al suo inizio alfabetico visualmente teatralizzato, come appunto i nell'«alfabeto a sorpresa» di «Caffè-concerto».
Come pittore e scultore esordisce nel 1914 a Roma nella Esposizione Libera Futurista lnternazionale, sia con dipinti, realizzati assieme a Marinetti, e con questi e con Balla sia con sculture oggettuali. Alla fine degli anni dieci espone tavole d'alfabeto a sorpresa, assieme al fratello minore Pasqualino. Nel 1920 pubblica il manifesto «Il mobilio futurista», «i mobili a sorpresa parlanti e paroliberi». Molto vivo è il suo interesse per il teatro all'inizio degli anni venti. Nel 1921 cura la direzione artistica della Compagnia del Teatro della Sorpresa diretta da Rodolfo De Angelis, e pubblica con Marinetti il manifesto «Il Teatro della Sorpresa». Distaccatosi dal futurismo nel 1924, il suo maggiore contributo è di carattere memorialistico, «Le serate futuriste», pubblicato nel 1930.
Strana figura quella di Francesco Cangiullo. Ricordato sempre marginalmente nel gruppo futurista, ebbe in realtà un ruolo di grande importanza in molte occasioni. Di sicuro il napoletano Cangiullo è uno degli artisti d’avanguardia maggiormente dimenticati. Entrato nel movimento futurista nel 1913, rappresentò l'ala del gruppo dotata di maggiore predisposizione al comico e alla provocazione.
Ciò che sorprende ancora oggi è la poliedricità dei suoi interessi. Fu in grado di scrivere manifesti futuristi fondamentali, di cui tutti ricordano il notissimo Manifesto del teatro della sorpresa (1921, con Marinetti), ma in pochi citano l’originalissimo e geniale Poesia pentagrammata (1922), per non parlare di testi quasi introvabili come Il mobilio futurista. I mobili a sorpresa parlanti e paroliberi (1920) e il Manifesto futurista dell’amicizia in guerra.
La Poesia pentagrammata, dando la simultaneità grafica della Poesia e della sua Musica naturale, in essa naturalmente contenuta, aggiunge una nuova smisurata estensione di tereno vergine al campo poetico.
Tra i testi di altro tipo Piedigrotta costituisce, per alcune innovazioni sorprendenti apportate all’interno dell’impostazione parolibera, uno dei prodotti più importanti dell’intero futurismo. Lo stesso Marinetti lo spedì al gruppo Dada di Zurigo, che tennero sempre in enorme stima Cangiullo. Hugo Ball e Tristan Tzara esposero alcune pagine di Piedigrotta al Cabaret Voltaire.